Salute

Bulimia, parlano gli esperti: "Comunità virtuali alimentano i disturbi"

“La Rete è ricca di comunità virtuali che alimentano i disturbi alimentari. Per arginare i danni bisogna sensibilizzare e informare il più possibile”. L’intervista a Stefano Iovino e Giuseppina Barra del Centro DiCA Napoli

A soffrire in Italia di disturbi del comportamento alimentare sono circa 3 milioni di persone, di queste il 95,9% sono donne e il 4,1% uomini. Tra i disturbi più diffusi c’è la Bulimia, patologia caratterizzata da grandi abbuffate di cibo, seguite da sensi di colpa e condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso (vomito autoindotto, rigida restrizione alimentare, abuso di lassativi e diuretici, eccessiva attività fisica). Come emerge dai dati epidemiologici, la Bulimia colpisce soprattutto le donne (di età compresa tra i 16 e i 40 anni), ma è in aumento anche nella popolazione maschile. Ad avere contributo a questa "epidemia sociale", sono le chat, i gruppi whatsapp e i siti web pro-ana e pro-mia (a favore dell’anoressia e della bulimia). In queste comunità virtuali i soggetti malati postano foto mostrando la loro magrezza e si  scambiano consigli su come dimagrire e vomitare. Per essere aggiunti a questi gruppi, talvolta, devono anche superare dei test rispondendo a domande come “Quante volte ti pesi al giorno?”, “Quanta attività fisica fai?”. Ma la Rete e i social network possono svolgere anche un ruolo positivo: sensibilizzare, condividendo su siti, blog e social, storie positive, e divulgando la possibilità di guarigione, può arginare la diffusione di questa malattia. NapoliToday ha intervistato Stefano Iovino e Giuseppina Barra, psicoterapeuti e fondatori del Centro DiCA di Napoli, per conoscere meglio questa malattia e capire come si deve intervenire quando si è in presenza della Bulimia.

Cos’è la bulimia e quali sono i comportamenti che caratterizzano questa patologia?

“E’ uno dei Disturbi del Comportamento Alimentare più diffusi insieme all'anoressia. La persona che ne soffre mette in atto delle abbuffate seguite da comportamenti compensatori. La compensazione, che ha come scopo la “neutralizzazione” dell’ingente apporto calorico ingerito, consiste nel vomito autoindotto, nell’utilizzo di lassativi o nell’attività fisica praticata in modo eccessivo”.

Esistono diversi tipi di bulimia?

"Sì, si distinguono due tipi di bulimia in base al diverso utilizzo delle strategie di compensazione: quella cosiddetta “purging”, che prevede il vomito autoindotto, e quella cosidetta “non purging” che, prevede come modalità principale di compensazione il ricorso al digiuno e/o all’eccessiva attività fisica”.

C’è un legame, un continuum tra anoressia e bulimia?

“Dal momento che anche l’Anoressia Nervosa prevede un sottotipo caratterizzato da condotte di compensazione come vomito autoindotto o uso improprio di lassativi, si creano spesso dei “punti di contatto” che da un punto di vista clinico possono far pensare ad una sovrapposizione sintomatologica delle due condizioni psicopatologiche. Questa sovrapposizione ci restituisce l’idea di una condizione di continuum tra anoressia e bulimia”.

Quali sono i soggetti maggiormente colpiti da questo disturbo del comportamento alimentare?

“Sicuramente le donne rappresentano, da un punto di vista epidemiologico, la popolazione maggiormente colpita da questa patologia. Ciò nonostante, giungono alla nostra osservazione clinica un numero sempre più crescente di soggetti di sesso maschile che presentano sintomi ascrivibili a quadri di bulimia nervosa”.

C’è un’età più a rischio?

“Sicuramente l’età adolescenziale rappresenta il periodo più e a rischio, oltre ad essere quello epidemiologicamente più colpito. Va però detto che le fasce d’età in cui il disturbo compare possono andare ben oltre il periodo adolescenziale, con la comparsa del disturbo che si osserva anche in persone over 40”.

Quali sono le cause che generano questo disordine alimentare?

“Fattori ambientali, genetici, familiari e psicologici rappresentano le cause più frequenti da prendere in considerazione nello stabilire l’eziopatogenesi del disturbo. Difficilmente sono individuabili cause singole, bensì la commistione tra più fattori che concorrono alla genesi di un quadro di bulimia”.

Quali conseguenze fisiche può portare la bulimia?

“Le conseguenze sul piano organico sono molteplici. A seconda della durata e della gravità dei sintomi, si rilevano conseguenze sul piano fisico di minore o maggiore entità. Problemi dentali (il vomito autoindotto genera corrosione dello smalto dentale), infiammazioni della gola e rigonfiamento delle ghiandole salivari, anomalie o assenza del ciclo mestruale, caduta di capelli, alterazione della pelle, squilibri elettrolitici, stati di malnutrizione fino a scompensi cardiaci”.

Come incidono i social su questa patologia?

“I Social, e la Rete in generale, hanno un ruolo molto spesso pericoloso. Gli ideali che il mondo virtuale impone, spesso, presentano uno scollamento dalla realtà che risulta essere foriero di modelli da perseguire ad ogni costo e che inducono, soprattutto gli adolescenti, ad utilizzare atteggiamenti patologici. Negli ultimi anni si è assistito sempre più alla nascita dei cosiddetti gruppi “pro mia”. Si tratta di gruppi di persone che si riuniscono su WhatsApp o su blog specifici e che condividono espedienti per “migliorare” la propria bulimia, fornendo consigli su come e quanto mangiare o su quali siano le modalità migliori per vomitare”.

Qual è il miglior modo per fare prevenzione?

“Siamo sempre più convinti che prevenire correttamente passi per una corretta informazione. Informare sulle modalità sintomatologiche, sulle fasce d’età colpite dal disturbo, sul fatto che bisogna chiedere aiuto a professionisti qualificati e preparati, oltre che sulle devastanti conseguenze che la bulimia genera sul piano psicologico e fisico”.

Come il centro DiCA di Napoli aiuta i pazienti affetti da bulimia?

“Il nostro punto di forza è l’utilizzo di percorsi di cura personalizzati a seconda del caso e della persona che esprime un disagio. Ciò avviene grazie ad un lavoro che prevede il coinvolgimento di un’equipe multidisciplinare (psicoterapeuti, psichiatri, nutrizionisti, medici internisti) che vengono coinvolti singolarmente o contemporaneamente durante il percorso di terapia”.


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