Formazione

Le strade di Napoli di nuovo bagnate di sangue: l'appello dell'arcivescovo di Napoli

"Necessario tutelare la dignità e recuperare la vita"

E' una lettera accorata alla città tutta e alle istituzioni quella scritta da don Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli.

Le parole di don Mimmo

"Sono profondamente addolorato e preoccupato a causa dei recenti episodi di violenza e criminalità che hanno ancora una volta bagnato di sangue le strade della nostra città. E altrettanta preoccupazione nasce dal dramma di chi sceglie di mettere fine alla propria vita in un luogo che dovrebbe servire non soltanto a garantire la sicurezza della comunità ma anche e soprattutto la rieducazione di coloro che, avendo compiuto reati ed essendo temporaneamente privi della libertà personale, dovranno ritornare alla società in un modo nuovo improntato alla legalità e alla giustizia. Per questo guardando al Vangelo e alla Costituzione non posso che condividere con tutti il mio appello alla corresponsabilità affinché la violenza non generi altra violenza, affinché queste morti e queste ferite fermino altre morti e altre ferite, affinché si compia ogni sforzo non solo per tutelare la dignità e recuperare la vita di coloro che hanno compiuto il male ma anche perché si agisca preventivamente, mettendo al centro del dibattito cittadino l’emergenza educativa. E mentre chiedo a tutte le istituzioni e alla società intera di fare la propria parte senza cedere alla paura e all’indifferenza, insieme alla mia Chiesa napoletana - e in comunione con il mio confratello vescovo don Carlo Villano e la Chiesa di Pozzuoli - di fare ancora una volta un passo in avanti, diventando ancor più un avamposto di cura integrale dell’uomo e un luogo sicuro per i ragazzi e i bambini della nostra città che hanno diritto a percorsi educativi inclusivi capaci di salvarli dalla strada e dalla violenza. Nei prossimi giorni si proseguirà con una nuova fase del patto educativo, in ogni quartiere, municipalità e comune delle nostre diocesi dove abbiamo individuato alcune parrocchie a cui è stato affidato il compito di animare nell’ambito della propria zona questo processo, dando in questo modo una spinta dal basso a un percorso che necessita di maggiore impegno e attenzione da parte di tutti. La Chiesa c’è e desidera animare e rianimare la speranza della nostra gente"

Le chiese del patto educativo

Di seguito le comunità parrocchiali delle Diocesi di Napoli e Pozzuoli coinvolte nel cammino:

Napoli

● Arenaccia - Santi Giovanni e Paolo - don Salvatore Melluso

● Capodimonte - Sant’Annibale MdF e Sant’Antonio - padre Rosario Graziosi

● Doganella - Centro don Bosco - don Fabio Bellino

● Fuorigrotta - San Vitale - don Fabio De Luca

● Maddalena - Basilica della SS. Annunziata Maggiore - padre Carmelo Raco

● Pianura - San Lorenzo martire - don Enzo Cimarelli

● Pizzofalcone - Immacolata a Pizzofalcone - don Michele Pezzella

● Ponticelli - San Francesco e Santa Chiara - don Alessandro Overa

● Ponticelli/Volla - Immacolata a Tavernanoce - don Francesco Velotto

● Rione Luttazzi - Sacra Famiglia - padre Marco Rota

● Sanità - Santa Maria della Sanità - don Luigi Calemme

● San Giovanni a Teduccio - San Giuseppe e Madonna di Lourdes - don Fulvio Stanco

● Scampia - Santa Maria del Buon Rimedio - don Alessandro Gargiulo

● Secondigliano - Immacolata Concezione - don Doriano De Luca

● Soccavo - Santi Pietro e Paolo - don Enzo Cimarelli

● Vomero - Centro diocesano di Pastorale Giovanile “Shekinà” - don Massimo Ghezzi

Città metropolitana

● Afragola - San Giorgio Martire - don Massimo Vellutino

● Arzano - Cristo Re - don Davide Trapani

● Bacoli - San Gioacchino - don Roberto Iodice

● Bagnoli - Maria Santissima Desolata - don Raffaele Russo

● Calvizzano - San Giacomo apostolo - don Ciro Tufo

● Casalnuovo - San Giacomo apostolo - don Mario Briante

● Casavatore - Gesù Cristo Lavoratore - don Dario Ferraro

● Casoria - San Benedetto - don Pasquale Fioretti

● Cercola - Immacolata Concezione - don Giovanni Cozzolino

● Ercolano - Santa Maria a Pugliano - don Aniello Gargiulo

● Ercolano - Santa Maria del Pilar - don Pasquale Incoronato

● Marano di Napoli - San Ludovico d’Angiò - don Ciro Russo

● Melito di Napoli - San Vincenzo Romano - don Giovanni Tolma

● Monterusciello - Sant’Artema - don Elio Santaniello

● Mugnano di Napoli - San Nunzio Sulprizio - don Pasquale Marono e don Michele Guasco

● Pollena Trocchia - San Gennaro - don Emanuele Iacolare

● Portici - Sacri Cuori di Gesù e Maria - don Riccardo Coppola

● Pozzuoli - Rione Toiano - San Michele Arcangelo - don Felix Ngolo

● Quarto - Maria Regina della Pace - don Mariano Amirante

● San Giorgio a Cremano - Santa Maria dell’Aiuto - don Gioacchino Montefusco

● Torre del Greco - Oratorio San Vincenzo Romano - don Raffaele Borriello

● Trecase - Santa Maria delle Grazie e San Gennaro - don Antonio Ascione

● Villaricca - San Francesco d’Assisi - don Giuseppe Tufo

● Volla - Immacolata Concezione e San Michele - don Federico Saporito.

Il patto di don Mimmo

Fin dal suo insediamento come Arcivescovo metropolita di Napoli - ricorda la Curia in una nota -  in numerose occasioni don Mimmo Battaglia, prendendo atto della grave emergenza educativa che vive la città metropolitana di Napoli, ha proposto un percorso condiviso chiedendo, oggi più che mai, a tutti gli attori sociali “di camminare insieme, superando l’individualismo e la diffidenza, lavorando uniti per restituire Napoli alla sua vocazione di città di pace, accoglienza, solidarietà!”. In questa prospettiva ha promosso, in comunione con il Vescovo e la Diocesi di Pozzuoli, il Patto Educativo per la Città, coinvolgendo diversi esponenti della società civile, del terzo settore e del mondo ecclesiale per rimettere al centro, partendo dai più piccoli e dalle loro famiglie, la questione educativa, puntando sulla prevenzione e scommettendo sulle nuove generazioni.

Gli obiettivi del Patto Educativo

Ecco i 7 obiettivi proposti dall’arcivescovo il 20 dicembre 2021 durante l’incontro con le Istituzioni e gli Ets aderenti al Patto:

1. Ripartire dall’etica della cooperazione. Tante volte e in ambiti diversi mi capita di sottolineare l’importanza di un passaggio capace di eliminare l’idolatria dell’individualismo per abbracciare un rinnovato senso di comunità, passando dall’io al noi. Senza questo passaggio ogni altra iniziativa o proposta sarà inutile. Anche i fondi del PNR destinati all’educazione e alla scuola, senza un’etica della cooperazione, della valorizzazione reciproca, dell’aiuto solidale rischieranno di diventare una manna lasciata marcire per terra. Senza risvolti efficaci e reali per i nostri ragazzi. Paradossalmente la prima proposta che vi presento è proprio questa: dare vita al Patto, scegliere di non fare da soli senza gli altri, creare rete e sistema, superare le logiche clientelari per dar vita ad una comunità educante fondata sull’etica della cura e della responsabilità.

2. Costituire in ogni municipalità o territorio un Tavolo Educativo volto a creare e consolidare legami di collaborazione e confronto tra Scuola, Servizi Sociali Comunali, Parrocchie, Enti, Fondazioni, Cooperative e ogni altro ente impegnato nel mondo dell’educazione e dell’inclusione sociale. Il Tavolo Educativo diventa un vero e proprio laboratorio di co-programmazione e co-progettazione e rende concreto e realizzabile un nuovo approccio alle problematiche e al tema della povertà educativa, che può essere vincente solo se sistemico, sinergico e corresponsabile.

3. Costituire una Agenzia per lo sviluppo delle pratiche educative inclusive che possa occuparsi di mappare, coordinare e monitorare i progetti educativi attivi in tutti i territori, attivando la costruzione di “comunità educanti” e di un contesto educativo diffuso, che sappia riconoscere e intrecciare gli apprendimenti formali con quelli non formali per realizzare interventi formativi complessi. Per far questo è necessario creare un gruppo di lavoro per la valutazione di impatto sociale in grado di misurare l’efficacia dei processi innescati e definire la cartografia delle povertà educative.

4. Affidare all’ Agenzia per lo sviluppo delle pratiche educative inclusive la costruzione di un sistema digitale capace di monitorare la dispersione scolastica in tempo reale e di intervenire immediatamente nel momento stesso in cui la vita di un minore si immerge nell’invisibilità. Tale intervento richiede una programmazione integrata dei servizi e delle politiche educative.

5. Valorizzare la scuola non solo come luogo di apprendimento, ma come laboratorio sociale e comunità educativa partecipante, che attraverso una fitta rete di rapporti con il territorio possa ampliare e migliorare la propria offerta formativa. Valorizzando le numerose esperienze educative del terzo settore, del mondo ecclesiale, dello sport, la scuola può divenire un importante crocevia di connessioni, volte a creare una fitta rete educativa, un “sistema” di cura capace di contrastare a livello preventivo “o sistema” della camorra.

6. Diversificare e individualizzare i progetti e le azioni educative, facendo in modo che ogni proposta, ogni spazio, ogni progetto (di inclusione, di accompagnamento, di promozione, di reinserimento) nell’ambito della cura educativa, sia sempre più pensato sulla base delle persone che abitano quel territorio e del suo peculiare contesto economico, sociale e culturale.

7. Investire su specifici processi di formazione degli educatori per implementare le competenze relazionali e pedagogiche, dando vita anche a nuovi profili professionali di educatori e docenti in grado di sviluppare il lavoro educativo in situazioni difficili e complesse anche attraverso la promozione di nuove metodologie educative che superino quelle tradizionali. In particolare è importante che chi si prende cura sia capace di prossimità e di ascolto, di una relazionalità sana e di un’intenzionalità che riconosca ragazzi, adolescenti e giovani come protagonisti dell’oggi, capaci di contribuire all’arricchimento della comunità tutta.

Il metodo

Il metodo adottato è partecipativo, spiega la Curia: incontro, confronto, coprogettazione. Siamo tutti consapevoli che nei vari ambiti della spesa pubblica è possibile individuare rilevanti masse finanziarie utili a fare tutto quello di cui la nostra comunità ha bisogno, disperse nei vari capitoli di gestioni degli Enti Locali, nelle più diverse attività. In attesa che la Politica faccia ciò che le compete, la Chiesa avverte la necessità di fornire strumenti alla comunità affinché possa reagire e organizzare la ripartenza. La comunità è tenuta insieme da gruppi di persone (famiglie, associazioni, parrocchie, ETS, movimenti, scuole, centri culturali) formali e dalle reti informali. Queste possono essere la più efficace risorsa di resilienza. Un movimento in cui ci si aiuti, partendo dal basso, dall’analisi delle attese e dei bisogni di ciascuna Comunità e delle risorse che ciascun territorio può mettere a disposizione.

 La prossimità territoriale è una importante risorsa perché ovunque in città, periferie incluse, esiste una fitta rete di relazioni sul territorio che devono, riqualificate, possono diventare motore del cambiamento. Restituire valore alle relazioni di prossimità, dal vicinato al quartiere, vuol dire parlare di alleanza educativa, significa connettersi, procedere insieme. Questa metodologia è forse la base per generare anticorpi all’individualismo, all’indifferenza e alla chiusura difensiva, riattivando un sistema di relazioni, di servizi e di soggetti coinvolti in una corresponsabilità progettuale condivisa, per creare un’innovativa rete di sostegno a protezione dei bambini e degli adolescenti del territorio.

Cosa si è già fatto

Per queste ragioni - dice la nota della Curia - nel corso di questo tempo trascorso si è promossa la creazione o il consolidamento di “tavoli educativi” a cui siedono le agenzie educative e formative, formali e informali, che operano in alcuni quartieri della città di Napoli (Forcella, Ponticelli, Soccavo), per interloquire con quelle realtà che già rappresentano speranza attiva, realizzando un tavolo per ogni area individuata che potesse coinvolgere anche le istituzioni e raggiungere il maggior numero di persone. Siamo riusciti in questo modo a lubrificare e facilitare le relazioni tra diverse realtà e le singole persone, con uno stile di semplicità ed essenzialità, favorendo un modello di relazioni nuove fondato sull’ascolto reciproco e il dialogo. Abbiamo proceduto restituendo riconoscibilità a reti in grado di prendersi cura del disagio, occupare spazi educativi lasciati incustoditi, raccordare tra loro realtà educative, favorendo la sinergia tra le parti, così da creare una realtà virtuosa in grado di promuovere processi educativi e buone prassi, dare sostanza al pensiero di una Comunità educante. Tutto questo al fine di promuovere forme di accompagnamento, cura e partecipazione di ragazzi e giovani e delle loro famiglie, adeguate a contrastare il degrado umano (parole di don Mimmo in occasione della presentazione del patto educativo) L’aspirazione era anche quella di riuscire a stimolare esperienze che fossero in grado di ricucire la distanza, sempre più avvertita, tra processi decisionali - azioni - bisogni delle cittadinanze, restituendo alle persone la consapevolezza di essere una Comunità che “sta insieme”. Questo aspetto, se ha trovato riscontro ed attenzione da parte delle singole Municipalità, richiederà ancora lavoro se vorrà favorire anche il coinvolgimento degli enti locali maggiori. 


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