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Vivaldi e Pergolesi - Stabat Mater al Complesso Monumentale Donnaregina

La composizione dello Stabat Mater fu commissionata a Pergolesi probabilmente nel 1734 dalla laica confraternita napoletana dei Cavalieri della Vergine dei Dolori di San Luigi al Palazzo con il fine di sostituire quello di Alessandro Scarlatti fino ad allora in uso.

Leggenda vuole che lo Stabat, considerato unanimemente il capolavoro del grande jesino, sia stato completato presso il Convento dei Cappuccini di Pozzuoli il giorno stesso della sua morte nel 1736 (a soli 26 anni, da qui l’appellativo di Raffaello della Musica). Se tale leggenda corrisponda o meno alla realtà dei fatti interessa poco: ciò che più sorprende è la straordinaria potenza espressiva della musica a fronte della sua semplicità costruttiva. La sensazione che si ha ascoltando il brano è il flusso spontaneo della sua intensa drammaticità: è proprio questo particolare del genio di Jesi a conferirgli il pieno diritto di occupare lo stesso scranno di una divinità musicale come quella di Mozart. Entrambi giovani ed entrambi irrimediabilmente condannati alla morte continuano ad imporci - con lo Stabat l’italiano e con il celeberrimo Requiem l’austriaco - la più tragica fra le tragiche domande metafisiche: quanto è potente il dolore dell’Uomo?
Un percorso diverso ha subito invece lo Stabat RV 621 di Vivaldi scritto nel 1712. Laddove l’omonima composizione di Pergolesi ha immediatamente cominciato a camminare da sola e ad acquisire il titolo di brano di “repertorio”, quello del veneziano è caduto, dopo la morte dell’autore, nell’oblio più oscuro (come la maggior parte delle sue composizioni, d’altronde). La sua rinascita si deve all’instancabile opera di ricerca di Alfredo Casella, il quale lo diresse a Siena per la prima volta nel 1939. Da allora lo Stabat RV 621 è entrato nel repertorio stabile dei concerti di musica sacra e questo nonostante una certa “fretta” compositiva: le parti degli archi sono semplici, il tema del primo movimento viene ripetuto anche nei successivi due e solo metà dell'inno è stato musicato. Tuttavia, pur trattandosi di un lavoro giovanile con tutti i limiti del caso, il brano si fa apprezzare per il trattamento della voce del contralto caratterizzata da un’innovativa tecnica dialogica con l’orchestra che preannuncia i capolavori di quello che viene giustamente considerato il più grande compositore italiano del primo Settecento.

Pier Giorgio Dionisi, Direttore/Conductor
Elena Memoli, Soprano
Michela Rago, Mezzosoprano
&
Orchestra da Camera Città di Napoli


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