Cultura

Villa Comunale, il giardino delle otto fontane

La passeggiata lunga oltre un chilometro, da piazza Vittoria a piazza della Repubblica, fu voluta da Ferdinando IV di Borbone

Foto di Chiara Di Martino

Matilde Serao la guardava, mentre era intenta a scrivere, dal balcone della sua casa alla Riviera di Chiaia; molti l’hanno paragonata – trovandola addirittura più bella – alle Tuileries di Parigi (tanto da essere a lungo chiamata comunemente “Tuglieria”). È la Villa Comunale di Napoli, che si estende da piazza Vittoria (dove si trova l’ingresso principale) a piazza della Repubblica per oltre un chilometro (110.000 metri quadrati di superficie recintata), separando di fatto il mare e la Riviera di Chiaia. Prima di diventare giardino pubblico alla fine del Settecento, lo stesso tratto era già – da circa un secolo - occupato da una lunga passeggiata con doppio filare di alberi e tredici fontane, come voluto dal viceré duca di Medinacoeli che aveva fatto bonificare l’area e lastricare la strada.

Cento anni più tardi, intorno al 1778, Ferdinando IV di Borbone la trasformò, attraverso l’opera di Carlo Vanvitelli (figlio del celebre Luigi) che ne curò l’ingresso principale, in un vero e proprio giardino pubblico, nel quale passeggiavano i nobili napoletani ed erano sgraditi i poveri e i malvestiti. Il suo intento era imitare quanto fatto da suo padre Carlo III di Spagna lungo il Salon del Paseo del Prado di Madrid. Così, anche la capitale del Regno delle Due Sicilie ebbe il suo giardino regale. Lecci, pini, palme, eucalipti: era un vero e proprio parco, che fu curato dal giardiniere reale Felice Abbate.

Nei primi anni del XIX secolo la villa fu ampliata e ridisegnata dagli architetti Stefano Gasse e Paolo Ambrosino, secondo il volere di Giuseppe Bonaparte che decretò nel 1807 i lavori. Fu in quegli anni che la Villa assunse le sembianze di un vero e proprio parco urbano. Inizialmente si chiamava Villa Reale, poi il suo nome fu cambiato in Villa comunale. L’attuale aspetto è frutto del restauro effettuato tra il 1997 e il 1999 – dopo anni di abbandono - da Alessandro Mendini e dal suo atelier, che hanno riprogettato gli chalet e risistemato illuminazione e cancelli. Lungo il percorso, ancora oggi numerose statue (provenienti dalla reggia di Caserta e raffiguranti soggetti mitologici), ma soprattutto moltissime fontane monumentali, otto in tutto.

La più antica è quella detta di Santa Lucia, mentre la più celebre è quella soprannominata “fontana delle paparelle” - per le anatre che ha a lungo ospitato - che fu sistemata nella villa per sostituire il Toro della collezione Farnese proveniente dalle Terme di Caracalla, poi trasferito al Museo Archeologico Nazionale. Il granito egizio della vasca proviene dagli scavi di Paestum, mentre lo scoglio centrale è in rocce di lava del Vesuvio. Ai quattro lati dello slargo in cui è posta, quattro statue: Flora, Cerere, Bacco e Saturno. Nella Villa ci sono anche alcuni piccoli edifici come il tempietto circolare di Torquato Tasso (con il busto del poeta) e il tempietto di Virgilio (entrambi di Stefano Gasse); l'obelisco; la casina Pompeiana che fu costruita nel 1870 come esposizione di vedute degli scavi archeologici di Pompei; la cassa Armonica di Errico Alvino; la stazione Zoologica Anton Dohrn, che ospita l'Acquario più antico d'Europa.


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