Cultura

Il Gesù Nuovo e la sua facciata-spartito

La piazza, simbolo del barocco napoletano, ospita l’omonima chiesa che sul bugnato riporterebbe un pentagramma in aramaico

Foto di Chiara Di Martino

È una delle piazze più importanti, famose e simbolo del centro storico di Napoli: piazza del Gesù Nuovo, di fronte al Monastero di Santa Chiara, è posizionata sul decumano inferiore a pochi passi da via Toledo e piazza Dante, piazza Monteoliveto e piazza San Domenico Maggiore. Nella piazza è affissa la targa UNESCO con incisa la motivazione per la quale il centro storico della città è divenuto patrimonio dell'umanità: “Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e al di là dei confini di questa”.

La chiesa, al cui interno è custodito il corpo di san Giuseppe Moscati, fu costruita su quello che era Palazzo Sanseverino, progettato e ultimato nel 1470. La famiglia che diede il nome all'edificio subì la confisca dei beni a causa di contrasti con la Corte Aragonese e fu costretta a fuggire da Napoli, dove fece ritorno qualche anno dopo con la possibilità di riprendere possesso del palazzo. Sotto il viceregno di don Pedro di Toledo, nel 1547 si tentò di introdurre anche a Napoli l’Inquisizione spagnola; il popolo si ribellò e Ferrante Sanseverino lo sostenne: fu vittoria, ma per vendetta gli furono confiscati nuovamente tutti i beni e fu obbligato nel 1552 all'esilio. Messi in vendita per volontà di Filippo II, nel 1584 il palazzo con i suoi giardini fu venduto ai gesuiti, i quali riadattarono tra il 1584 ed il 1601 l’edificio.

Le uniche parti salvate della struttura originaria furono la facciata (riadattata) ed il portale marmoreo rinascimentale (al quale furono aggiunte lateralmente due colonne, mentre il frontone fu spezzato per inserirvi uno scudo ovale che ricorda la generosità della principessa di Bisignano, Isabella Feltria della Rovere; alla sommità laterale furono apposti gli stemmi dei Sanseverino e dei della Rovere e sull'architrave un altro fregio con cinque testine che sorreggono dei festoni di frutta). Quando fu consacrata, nel 1601, fu dedicata alla Madonna Immacolata, ma fu fin da subito chiamata "del Gesù Nuovo", per distinguerla dall'altra già esistente. La chiesa subì gravi danni durante la seconda guerra mondiale a causa di alcuni attacchi aerei. Durante uno di questi bombardamenti, una bomba che cadde proprio sul soffitto della navata centrale rimase miracolosamente inesplosa: oggi la bomba è esposta all'interno.

Simbolo supremo del barocco napoletano, la Chiesa presenta una facciata in bugnato a punta di diamante in pietra piperina: un bugnato speciale, però, perché su ciascuna “piramide” sono incisi dei segni che hanno fatto scervellare storici e studiosi di ogni epoca. Le prime leggende raccontavano che chi fece edificare il palazzo avesse scelto maestri pipernieri portatori di segreti esoterici, tramandati solo oralmente e sotto giuramento dai maestri agli apprendisti, capaci di caricare la pietra di energia positiva. I segni misteriosi avrebbero dovuto convogliare tutte le forze positive e benevole dall'esterno verso l'interno del palazzo. Per imperizia o malizia, queste pietre segnate non furono piazzate correttamente, per cui l'effetto fu esattamente opposto: tutto il magnetismo positivo veniva convogliato dall'interno verso l'esterno, attirando così ogni genere di sciagure.

Questa sarebbe la ragione per cui tante sventure si sono abbattute su quell'area: dalle confische ai Sanseverino, alla distruzione del palazzo, dall'incendio della chiesa, ai ripetuti crolli della cupola. L’ultima ipotesi in ordine di tempo è quella dello storico dell’arte, appassionato di rinascimento napoletano e musicofilo, Vincenzo De Pasquale, che ha decifrato il significato dei simboli: si tratterebbe di uno spartito musicale scritto in lettere aramaiche, in totale sette lettere, da leggersi al contrario: dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra. Nel 2005, anno di inizio dello studio, De Pasquale mostrò questi strani simboli a Lòrant Réz, suo amico musicologo che le trascrisse e vi applicò la Legge di Vitruvio sulla sezione aurea. Così vennero alla luce le prime note di quello che sarebbe diventata “Enigma”, partitura di un concerto per strumenti a plettro della durata di tre quarti d’ora circa.

L'interno, ricco di decorazioni marmoree realizzate da Cosimo Fanzago nel 1630, è a croce greca con braccio longitudinale lievemente allungato; presenta una cupola in corrispondenza del centro del transetto e dieci cappelle laterali, cinque per lato, delle quali due collocate di fianco all'abside lungo la parete presbiteriale. Sulla controfacciata sono presenti affreschi di Francesco Solimena, mentre le volte a botte sono dipinte da Belisario Corenzio tra il 1636 e il 1638. La tribuna è affrescata da Massimo Stanzione. 


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