Cronaca

Coronavirus, studentessa napoletana: “Sono rimasta a Brescia per proteggere la mia famiglia”

“Le mia vita qui.. esco di casa una volta a settimana per fare la spesa e gettare i rifiuti. Quando rientro ho il terrore di aver portato con me il virus”. L’intervista di NapoliToday

Daria si laurea in Economia aziendale all’Università Federico II di Napoli il 18 febbraio 2020. Subito si trasferisce a Brescia per proseguire il suo percorso formativo in un’azienda di consulenza finanziaria, dove inizia uno stage universitario. Non ha neanche il tempo di conoscere i colleghi e di adattarsi al nuovo contesto lavorativo, che arriva la notizia: “un 38enne positivo al Covid-19 è ricoverato all'ospedale di Codogno (Lodi). E’ il 21 febbraio. Nella stessa giornata si scopre un altro focolaio del virus, a Vo' Euganeo (Padova). In Veneto c'è anche il primo morto, un 78enne di Padova. In poche ore cresce incredibilmente il numero dei contagiati e il Governo approva un decreto (il primo di una lunga serie) con le prime "misure speciali" per contenere il contagio in 11 comuni a rischio. Gli infettati, nel frattempo, salgono a 328, 11 sono le vittime. Il Governo attua una nuova stretta con un secondo decreto che estende le misure speciali ad Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria. Il 4 marzo le vittime arrivano a quota 100 e il premier Conte firma un altro decreto che prevede la chiusura fino al 15 marzo di Università e scuole, e forti restrizioni per teatri, cinema e manifestazioni varie, sull’intero territorio nazionale. Nella notte tra il 7 e l'8 marzo una fuga di notizie porta in rete il contenuto di un altro decreto (non ancora ufficiale) che vieta l’ingresso e l’uscita dalla Lombardia e da altre 14 province. Al Nord scatta il panico. Nella notte l’assalto ai treni: centinaia di persone, molte delle quali con sintomi influenzali, si riversano nelle stazioni per prendere il primo treno diretto verso Sud. A quel punto Daria deve scegliere se preparare velocemente una borsa e scappare in stazione o rimanere a Brescia senza sapere quando potrà rivedere i suoi cari. Non ci pensa due volte, Daria prende il telefono e chiama la mamma: “Resto a Brescia, non voglio rischiare di portare il virus in casa”. Questo è solo l’inizio di una storia non ancora giunta al termine, ma che ci riguarda tutti, da Nord a Sud, indifferentemente. NapoliToday ha intervistato Daria per sapere come la città di Brescia sta affrontando la paura del contagio e l'isolamento, e cosa significa per una fuorisede vivere l’emergenza stando lontano dai propri cari.

Ciao Daria, innanzitutto come stai?

“Non so esattamente come sto, è difficile riuscire a trovare un equilibrio in questa situazione così particolare. Per la maggior parte del tempo cerco di non pensare a tutto quello che sta accadendo e vivo le mie giornate in casa nel modo più “normale” possibile. Quando penso a questa situazione, mi terrorizza il fatto che sono sconosciuti i tempi di ripresa del nostro Paese. Appena mi assale l’angoscia, mi ripeto che sono forte e che, rimanendo tutti in casa, la situazione presto si risolverà”.

Tra le città messe in ginocchio dal Covid-19 c’è anche Brescia, la seconda provincia italiana con più contagi. Ci racconti un piccolo spaccato di quello che sta vivendo la città in questo momento?

“La situazione qui a Brescia è pesante già da un bel po'. Appena il Covid-19 ha iniziato a dilagare nei comuni del lodigiano siamo entrati in allerta anche qui. In una prima fase abbiamo proseguito regolarmente le nostre attività, ma la situazione risultava già molto pesante: c'era qualcuno munito di mascherina, altri invece si arrangiavano con sciarpe o altro per proteggere naso e bocca. Nonostante questo, la città ha mantenuto un certo grado di vitalità, almeno fino a quando l'intera Lombardia è stata dichiarata zona rossa, a quel punto la situazione si è radicalmente modificata. Attualmente sono sospese tutte le attività e l’accesso ai supermercati è ovviamente contingentato, anche se, già prima del decreto che ha imposto la chiusura di tutte le attività non necessarie, molti bar avevano già deciso di abbassare le saracinesche per una questione di sicurezza”.

Tutta la tua famiglia è a Napoli, ma tu hai scelto di rimanere a Brescia per tutelare la salute dei tuoi cari. Come commenti la decisione di chi, invece, ha scelto di prendere il treno e tornare al Sud?

“Penso che circostanze come questa si debbano vivere prima di poter parlare, per cui non me la sento di giudicare le scelte di nessuno. È una situazione paradossale, grave e molto seria, per cui è comprensibile che la paura possa aver preso il sopravvento. È chiaro che ognuno ha agito pensando a se stesso, senza considerare il fatto che anche altri avrebbero agito allo stesso modo. In questi momenti non bisognerebbe pensare come singoli, ma come parte di un insieme, la società. Non voglio giudicare nessuno, credo solo che, chi ha preso il treno per tornare al Sud, non ha avuto rispetto né delle Istituzioni, impegnate a fronteggiare l’emergenza, né dei propri cari. Tornare a casa, ha di fatto, alimentato il contagio nelle regioni meridionali e messo a rischio la salute di familiari e amici. Io ho scelto di non tornare per non esporre i miei parenti al rischio del contagio”.

La paura del contagio è un sentimento che accomuna tutti noi italiani, da nord a sud, senza differenze. Tu come stai vivendo questa paura? Come trascorri le giornate?

“Finchè i numeri non erano particolarmente alti, non ho temuto di essere contagiata. Ho sin da subito adottato le raccomandazioni del Ministero della Salute, consapevole del rischio del contagio. Ora che i numeri sono aumentati incredibilmente, sia qui che nella vicina Bergamo, la tensione comincia a farsi sentire, per questo motivo esco solo una volta a settimana di casa, per fare la spesa e per gettare i rifiuti. Non ti nascondo che quando torno a casa dal supermercato ho il terrore di aver portato con me il virus, cerco, allora, di autoconvincermi di essere stata attenta e di aver lasciato fuori casa il nemico invisibile”.

Nel tuo ultimo post di Facebook fai riferimento a una delle croci bianche della città di Brescia, poco lontana da casa tua. Che significato ha assunto per te?

“Una delle croci bianche di Brescia è di fronte casa mia. Ogni mattina apro la finestra e vedo, puntualmente, un’ambulanza che torna o che si prepara ad uscire per soccorrere qualcuno. Le mie giornate sono accompagnate dal perenne sottofondo delle ambulanze. Questo, per quanto possa essere triste ed avvilente, mi aiuta a ricordare quanto sia importante stare a casa. Molte persone non lo hanno capito e continuano ad andare in giro come se nulla fosse, rischiando di essere contagiati o di contagiare i propri cari. Per distrarci dal quel che accade all’esterno, io e la mia coinquilina, ascoltiamo sempre la musica, anche per coprire quel rumore che proviene da fuori e ci ricorda che qualcuno in quel momento sta male e ha bisogno di aiuto”.

Cosa significa per un fuorisede al Nord vivere l’emergenza Covid-19, lontano da casa, dalla propria famiglia?

“Beh sicuramente affrontare una situazione di questo tipo, pesante e spaventosa, senza la propria famiglia non è facile. La cosa peggiore è che chi è a casa può approfittare di questo tempo a disposizione per trascorrerlo con i propri affetti, per prendersi una pausa dalla frenesia quotidiana e ritrovarsi. Stando distanti è tutto più difficile, non solo non puoi consolarti con un abbraccio dei tuoi cari, ma vivi con la costante preoccupazione per la loro salute. Nonostante le difficoltà, comunque, sto cercando di vivere questo tempo e questa esperienza come un’opportunità di crescita”.

C’è un appello che vorresti lanciare ai fuorisede che, come te, hanno scelto di non tornare a casa per tutelare la salute dei loro cari?

“Per quanto possa valere, mi sento di dirgli che hanno fatto la scelta giusta. “Finché siamo in Italia siamo a casa, non conta la regione”, questo è quello che ho detto a mia madre quando le ho comunicato la scelta di rimanere qui. Abbiamo fatto bene a rimanere dove ci siamo trasferiti con la speranza di un futuro migliore, di un lavoro migliore. Mi sento di dirgli che con lo stesso coraggio con il quale hanno preso questa decisione, devono affrontare tutto quello che verrà, se ci facciamo forza e rispettiamo le regole, il momento in cui riabbracceremo i nostri cari sarà sempre più vicino”.

Pensi che la paura del contagio continuerà ad accompagnarci anche quando l’emergenza sarà finita o riusciremo a buttarci tutto alle spalle e tornare ad abbracciare i nostri cari senza paura?

“Questo dipende anche dallo studio su questo virus. Bisogna ancora capire se c’è il rischio di ammalarsi nuovamente dopo essere guariti o se si diventa immuni. Questo, secondo me, sarà determinante. Sarà difficile rialzarsi, questo è sicuro, sia a livello economico che a livello psicologico, ma sono convinta che presto torneremo a stare bene e ad abbracciarci”.

A febbraio hai lasciato Napoli per trasferirti al Nord e iniziare una nuova esperienza lavorativa. Questa emergenza, secondo te, cambierà il tuo modo di vedere le cose e le tue priorità?

“Sicuramente qualcosa dentro di me è già cambiata, mi sento molto più forte e sento di avere il coraggio per poter affrontare qualsiasi cosa. Allo stesso tempo questa esperienza ha portato alla luce un legame fortissimo con la mia città e con la mia famiglia che ovviamente spero di poter riabbracciare il più presto possibile. Credo che si debba vedere sempre il lato positivo nelle cose, io l’ho fatto e sto vivendo la lontananza da casa, dai miei cari, come una prova da superare per poterne uscire più consapevole della mia forza e della mia indipendenza”.


Si parla di