Cronaca

Covid-19, il Prof. Giordano: “Risultati promettenti per un vaccino-cerotto"

"Questo lavoro di ricerca ha un potenziale enorme, anche perché il gruppo di scienziati della University of Pittsburgh che sta conducendo lo studio, ha già ottenuto importanti risultati sperimentati contro la Sars”. L’intervista al direttore dello Sbarro Institute di Philadelphia

Prof. Antonio Giordano

“Saranno due settimane molto dure” ha dichiarato il presidente Donald Trump. Secondo le proiezioni della Casa Bianca, negli USA potrebbero esserci tra 100 mila e 240 mila morti a causa della pandemia, se non si rispettano le misure di distanziamento sociale. Secondo gli ultimi dati elaborati dalla Johns Hopkins University i casi di contagio accertati sono più di 200 mila, mentre il numero dei decessi è raddoppiato in meno di tre giorni, salendo a oltre 5mila. Gli Stati Uniti sono diventati il Paese con più contagi al mondo, ma è all’Italia che resta il luttuoso primato dei decessi per Covid-19. NapoliToday ha raggiunto telematicamente l’accademico napoletano di fama mondiale, il prof. Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia, riconosciuto come una delle 100 eccellenze italiane mediche nella diagnosi e cura del cancro polmonare, per farci raccontare come gli Stati Uniti stanno affrontando l’emergenza Covid-19 e quale insegnamento gli americani possono trarre dall’esperienza italiana.

- Prof. Giordano, qual è la situazione negli Stati Uniti? Secondo lei le misure restrittive anti-covid, adottate da Trump, saranno sufficienti per affrontare l’emergenza?

“Nessuno Stato, nessuna area metropolitana viene risparmiata dal COVID-19. New York resta lo Stato più colpito dalla pandemia mentre i numeri continuano a crescere con il maggiore incremento giornaliero di morti da quando l’epidemia è iniziata. Le misure per arginare i contagi da coronavirus e per affrontare l’epidemia si sono inasprite in tutta la Nazione soprattutto grazie alle decisioni dei governatori dei singoli Stati. Gli esperti sostengono che la situazione peggiorerà ancora e, per questo, Trump ha deciso di perseguire nella chiusura fino a maggio. La situazione, così come nel resto del mondo è difficile, anche per una carenza di materiale sanitario e di apparecchiature mediche. L’unica arma vincente, come dimostrato da Nazioni, che prima di noi hanno subito questa epidemia, è di restare a casa per evitare una maggiore diffusione del coronavirus”.

- Il picco del contagio negli USA è previsto per metà aprile. Il sistema sanitario nazionale statunitense sarà capace di contenere la diffusione del virus? Sarà in grado di fronteggiare il rischio di contagio in tutte le fasce della popolazione in termini economici e geografici?

“Il sistema sanitario statunitense fa affidamento a un sistema privato. Ci tengo a precisare che benchè i servizi sanitari stiano fronteggiando questa pandemia, non è loro compito contenere la diffusione; questa deve essere una scelta della politica con l’aiuto di un comitato tecnico scientifico. I sistemi sanitari, poi, sono istituiti per far fronte all'influenza stagionale, ma non a una malattia pandemica peraltro nuova. La diffusione di COVID-19 sta avvenendo con una velocità terrificante, e quello che è accaduto nel Nord Italia, dove gli ospedali sono stati sopraffatti da una moltitudine di pazienti, potrebbe accadere anche in America. L'attenzione immediata ora è sul controllo della diffusione della malattia. A lungo termine dovremo considerare la strutturazione dei nostri sistemi sanitari, la loro sostenibilità, la loro capacità di proteggere i cittadini in tempi di crisi senza dimenticare le disuguaglianze nascoste e gli svantaggi degli attuali sistemi sanitari”.

- Quali sono, secondo lei, i punti di forza e di debolezza del sistema sanitario statunitense rispetto a quello italiano, nella battaglia contro la pandemia?

“Partiamo dal presupposto che tutti i sistemi sanitari sono stati travolti dal COVID-19. Il virus, come ben sappiamo, provoca nei casi più gravi polmoniti severe che possono portare rapidamente alla morte e che richiedono il ricovero in terapia intensiva, per cui i sistemi sanitari non ce la fanno a reggere un’ospedalizzazione così massiccia. Ma se in Italia possiamo contare sulla gratuità delle prestazioni, tra cui i tamponi per il nuovo coronavirus, negli Stati Uniti non è così. Entrambi i sistemi sanitari sono a macchia di leopardo. Negli USA ci sono realtà di assoluta eccellenza ma riservate a chi può permettersi alti costi assicurativi, in Italia, invece, il sistema sanitario ha mostrato limiti e inefficienze anche in alcune eccellenze del Nord. In ogni caso, preferisco un sistema pubblico e questo per il ruolo fondamentale che svolge la Sanità”.

- Secondo l’ultimo studio di Harvard, l’Italia avrebbe agito troppo in ritardo e con delle forme poco restrittive, pur avendo informazioni derivanti dalla precedente diffusione del virus in Cina. Queste sottovalutazioni iniziali del rischio avrebbero consentito una maggiore diffusione del virus. Concorda con questa analisi? L’esperienza cinese poteva effettivamente guidare l’Italia?

“Penso che tutti i governi abbiano agito in ritardo e che tutti i Paesi all’inizio dell’epidemia abbiano dovuto stabilire la priorità tra la sicurezza sanitaria e le esigenze dell’economia. L’Italia ha seguito il modello cinese del lockdown, dopodiché tutti gli altri Paesi occidentali e gli Stati Uniti si sono allineati. Le pandemie sono particolarmente difficili da affrontare anche per la difficoltà che si incontra nell’interpretare in modo rapido ciò che sta accadendo. Sicuramente molte cose non hanno funzionato correttamente anche perchè i governi hanno agito sotto la spinta di un’emergenza assolutamente nuova. Solo il tempo ci aiuterà a comprendere meglio”.

- Sono quasi 10 mila gli operatori sanitari contagiati in Italia, e tra i medici si contano 69 deceduti a causa del Covid-19. Come commenta questi dati?

“Chi oggi lavora negli ospedali e in tutte le strutture sanitarie sta facendo molto ed al meglio delle proprie capacità. E, data la carenza dei dispositivi di protezione individuali, con un impegno e con uno stress maggiore del solito. E’ ovvio che e tutti i lavoratori dovrebbero essere garantiti sufficienti e adeguati dispositivi di protezione individuale”.

- L’Aifa ha approvato in tempi record un protocollo e autorizzato la sperimentazione del Tocilizumab. Il farmaco anti-artrite sta avendo ottimi risultati sui pazienti covid con polmonite interstiziale. Anche negli USA si stanno sperimentando farmaci anti-covid?

“Il Tocilizumab sta dando buoni risultati nel migliorare i parametri di funzionalità polmonare. Si tratta di un agente farmacologico (già noto nel trattamento delle complicazioni polmonari dell’artrite reumatoide giovanile, della colite ulcerosa e di gravi polmoniti su base immune associate a farmaci o agenti virali) che neutralizza l'interleuchina 6, la proteina principale vettore dell'infiammazione polmonare prodotta dal coronavirus. Il farmaco non combatte a monte il Covid-19, ma è efficace sui suoi effetti, aiutando il paziente a rimettere in salute il proprio apparato respiratorio. Per quanto riguarda gli Usa, ci sono diversi farmaci in corso di sperimentazione. C’è il Sarilumab che è un farmaco contro l’artrite reumatoide, selezionato per l’ingresso in clinical trials, per pazienti ospedalizzati con COVID-19 acuta. È un anticorpo monoclonale che può avere un ruolo nel promuovere l’eccessiva risposta infiammatoria nei polmoni dei pazienti con infezione severa o critica da Covid-19. Poi c’è il Losartan. Questo farmaco viene utilizzato per trattare l’ipertensione e anche per diminuire il rischio di infarto in persone con patologie cardiache. Appartiene alla categoria di antagonisti del recettore di angiotensina II. Previene il restringimento dei vasi sanguigni, favorendo la diminuzione della pressione sanguigna e migliorando il flusso sanguigno. Ancora, c’è un farmaco che si chiama Resmedavir sviluppato per combattere l’Ebola. Viene utilizzato in centinaia di pazienti con COVID-19 negli Usa e anche in Europa. Sono state riportate evidenze di beneficio, ma nessun dato concreto. C’è poi la Idrossiclorochina, un farmaco antimalarico. Sui suoi benefici c’è molta discussione. Il farmaco potrebbe danneggiare il cuore del paziente, ed esistono relazioni di segnalati casi di avvelenamento in persone che si sono auto-medicate. C’è ancora il mRNA-1273. Questo è un vaccino sviluppato da scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) in collaborazione con una company di Biotecnologie con base in Massachusetts. Il vaccino stimola le cellule dell’organismo a produrre una proteina virale che si spera possa indurre una robusta risposta immunitaria. E poi c’è il Convalescent Plasma: il sangue dei pazienti sopravvissuti contiene anticorpi che potrebbero neutralizzare il coronavirus. Dati preliminari su 5 pazienti in Cina hanno mostrato risultati incoraggianti”.

Per un vaccino, invece, quanto si dovrà attendere?

“Sono molti i gruppi di ricerca nel mondo che stanno lavorando a un vaccino Covid-19. Negli Usa, un gruppo di scienziati della University of Pittsburgh School of Medicine, guidato dal ricecatore italiano, il prof. Andrea Gambotto, sta studiando un vaccino che si somministra con un cerotto, chiamato ‘PittCoVacc’, dotato di 400 microaghi che in 2-3 minuti si sciolgono, rilasciando l’antigene che scatena la risposta immunitaria, la subunità “S1” della proteina virale “spike". I primi test sui topi sono promettenti: producono anticorpi specifici e in quantità sufficienti a neutralizzare il nuovo coronavirus. Non appena arriverà l’autorizzazione dall’FDA (Federal Drug Administration) sarà avviata la prima sperimentazione su pazienti. Per me questo lavoro di ricerca ha un potenziale enorme, anche perché questo gruppo di scienziati ha già ottenuto, precedentemente, importanti risultati sperimentati contro la Sars”.

- La concorrenza nella generazione di farmaci o nell'approvazione di protocolli per sperimentare farmaci già presenti sul mercato, può generare una concorrenza e una volontà dei vari gruppi di ricerca a far predominare il proprio standard? Questa condizione, secondo lei, può favorire o no il contrasto della pandemia?

“Covid-19 è un virus nuovo. Per identificare un farmaco capace di agire contro di esso bisogna identificare la o le strutture del virus coinvolte nella patologia che, modificate dal farmaco, saranno in grado di produrre l’effetto farmacologico e, quindi, promuovere la guarigione. La procedura non è rapida, per cui i ricercatori stanno tentando di utilizzare quelli già esistenti, sulla base delle conoscenze della biologia molecolare del virus che acquisiscono di giorno in giorno. Un principio condiviso da alcuni scienziati è quello di usare farmaci che abbiano un ampio spettro di attività e che abbiano pochi e lievi effetti collaterali. In questo modo esiste una maggiore possibilità di intercettare anche qualche componente importante del Covid-19. Le opzioni terapeutiche sono diverse; ci sono farmaci utilizzati nelle prime fasi iniziali, altri invece, come Tocilizumab, sono un supporto importante per controllare il processo infiammatorio che consegue all’infezione grave. Molto dipende anche dal momento in cui vengono utilizzati. Siamo ancora in una fase di studio ma ci sono molte iniziative e molti investimenti scientifici che mostrano una coalizione scientifica mondiale per trovare rapidamente soluzioni adeguate da utilizzare nei pazienti ospedalizzati e, in particolare, in quelli più critici”.

- Questa “esperienza” modificherà, secondo lei, le strutture strategiche dei diversi sistemi sanitari nazionali?

“La protezione della salute è una responsabilità di tutti. Le statistiche confermano che la maggior parte dei decessi è avvenuta nei pazienti con patologie di base come ipertensione, diabete e malattie cardiache o respiratorie. Successivamente dovremo agire per affrontare i livelli elevati e crescenti di malattie croniche nelle nostre società e per ridurre la pressione sui servizi di assistenza. In futuro bisognerà riorientare i nostri sistemi sanitari verso la prevenzione e la promozione. Inoltre, mi permetta di fare un’ulteriore considerazione, oggi tutti chiedono alla scienza di dare in tempi rapidi dei risultati, però non ci si rende conto che la ricerca scientifica in Italia ha avuto netti ridimensionamenti e spero che di questo i politici ne terranno conto per il futuro”.


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