L'Oro di Napoli

Gli 8 luoghi da vedere a Spaccanapoli

Da antichi palazzi a storiche chiese, NapoliToday vi accompagna in un tour alla scoperta dei luoghi simbolo di questa millenaria arteria napoletana

Spaccanapoli

Spaccanapoli è una delle strade più famose e importanti di Napoli poiché divide nettamente la città, tra il nord e il sud. La linea retta, lunga più di un chilometro, è chiaramente visibile dalla Certosa di San Martino (Vomero), il punto più alto della città. L’arteria si estende dai Quartieri Spagnoli fino a Forcella (via Giudecca) e ha origini antichissime: corrisponde, infatti, al decumano inferiore (una delle tre strade principali del centro antico cittadino) intorno a cui i romani, basandosi sulla Neapolis greca, hanno progettato la città. Dunque, per poter conoscere la vera anima di Napoli, un giro per Spaccanapoli è d’obbligo. Da antichi palazzi a storiche chiese, NapoliToday vi accompagna in un tour alla scoperta dei luoghi simbolo di questa importante arteria napoletana.

Piazza del Gesù Nuovo (e Chiesa del Gesù Nuovo)

E' una delle piazze più famose di Napoli, poiché vi affacciano la Chiesa Del Gesù Nuovo, la Basilica di Santa Chiara e altri edifici storici. Prende il nome dall’omonima chiesa, nata per volere di Carlo II d’Angiò. Alla fine del XIII secolo era solo uno spiazzale ricavato dalla distruzione di qualche orto, che inizia ad assumere una sua identità dopo la costruzione di Palazzo Sanseverino, successivamente attuale Chiesa del Gesù. Al centro della piazza si erge l’Obelisco dell’Immacolata sul quale aleggia un’inquietante leggenda. Si dice che in alcune ore del giorno, specialmente con la luce del tramonto o dell’alba, l’aspetto della statua della Madonna cambi. Se si fissa attentamente di spalle, dopo qualche giro intorno alla guglia, si ha l’impressione di essere minacciosamente osservati. Bisogna allontanarsi un bel pò per non sentire più questa spiacevole sensazione. Il velo che avvolge il capo della Vergine, visto da dietro, appare, infatti, come un volto stilizzato con lo sguardo fisso verso il basso e, secondo la leggenda raffigurerebbe la Morte in persona con tanto di gobba e scettro in mano. Qualcuno pensa che il mistero sia legato ad un’origine massonica. Per altri la matrice è solamente religiosa. Per altri ancora è una vetta “escogitata” dai Sanseverino, proprietari del palazzo trasformato poi nella Chiesa del Gesù Nuovo. La nobile famiglia fu, infatti, condannata alla confisca di tutti i beni per aver partecipato alla congiura contro il re Ferrante D’Aragona. Che sia realtà o semplice suggestione non è dato sapere, eppure molti storici dell’arte e studiosi sono pronti a confermare che la statua cambi effettivamente volto.

Monastero di Santa Chiara

Sulla piazza si affaccia anche la Basilica di Santa Chiara (o Monastero di Santa Chiara) rappresenta il più bell’esempio di gotico napoletano. Costruita nel XIV secolo per volere del monarca Roberto D’Angiò in forme gotiche provenzali, fu ristrutturata in stile barocco nel Seicento. Nel 1943 venne poi quasi interamente distrutta dai bombardamenti degli Alleati e, successivamente, completamente restaurata nella sua originale forma gotica. L’interno, semplice ed essenziale, ospita dietro l’altare maggiore la tomba del re Roberto, mentre, tra i sepolcri delle cappelle, vi è quello dell’eroe nazionale Salvo d’Acquisto. Di grande pregio è il Chiostro maiolicato delle Clarisse, progettato da Domenico Antonio Vaccaro e decorato con maioliche settecentesche di Giuseppe e Donato Massa. La lunghissima navata della chiesa, circa 100 metri, è nota per mettere ansia anche alla più decisa delle spose.

Dove: Via Santa Chiara, 49

Museo Cappella San Severo

La Cappella Sansevero, detta anche chiesa di Santa Maria della Pietà o Pietatella, è tra i musei più affascinanti di Napoli. Nel 1600, vent’anni dopo la costruzione della chiesetta, Alessandro di Sangro (figlio del primo principe di Sansevero Giovan Francesco di Sangro) decise di ampliarla per far sì che accogliesse le spoglie di tutti i di Sangro. L'assetto del tempio venne poi stravolto quasi integralmente da Raimondo di Sangro: settimo principe di Sansevero e primo grande maestro della massoneria napoletana, un illuminato mecenate che regalò alla Cappella Sansevero capolavori come il Cristo Velato, il Disinganno e la Pudicizia Velata. Agli occhi del “popolino”, però appariva come una figura misteriosa, uno stregone senza pietà che faceva rapire poveri sventurati per farne cavie di diabolici esperimenti realizzati in segreti laboratori fatti costruire appositamente nei sotterranei del suo palazzo. La storia, invece, ce lo restituisce come un grande intellettuale, un alchimista illuminato che dedicò la sua vita alle scienze e alle arti. La sua vera ossessione, però, era diventare immortale. Con questo intento fece della Cappella Sansevero uno dei più stupefacenti capolavori di arte ermetica ed esoterica al mondo. Nella Cappella tutto, infatti, acquista senso e significato solo se si comprendono i simboli e i misteri celati nei marmi e nei dipinti che adornano il Tempio.

Dove: Via Francesco De Sanctis 19-21

Piazza San Domenico Maggiore

E' una delle più affascinanti e caratteristiche della vecchia Napoli. Porta del Decumano inferiore, è il crocevia del Centro antico napoletano, dove Spaccanapoli incontra Mezzocannone, la via delle Università. Da qui si va a San Gregorio Armeno, la stradina dei presepi. Da qui passava il principe Raimondo di Sangro per giungere al vicino laboratorio adiacente la cappella di famiglia, al cui interno vi è il famoso Cristo Velato. La Piazza è contornata da grandi palazzi storici come quello dei Del Balzo, dei Casacalenda, dei Corigliano, dei Sansevero, e ruota intorno al meraviglioso obelisco di San Domenico (ex voto dei napoletani per un’epidemia di peste scongiurata nel 1656). Ricca di marmi, bassorilievi, medaglioni e statue, la cosiddetta guglia di San Domenico termina con una piramide sormontata da una pregevole statua bronzea del santo. Anche su questa piazza aleggia un’inquietante leggenda: si racconta che una donna condannata al dolore eterno si aggiri nella zona, tra l'obelisco ed il portale di Palazzo Sansevero, vagando nelle notti di luna piena alla ricerca del suo amore perduto. La leggenda nasce da un evento realmente accaduto: l'uccisione di Maria d'Avalos e del suo amante, il duca d'Andria Fabrizio Carafa, da parte del marito della donna, il principe Carlo Gesualdo da Venosa. Un delitto passionale avvenuto il 18 ottobre 1590, quando Carafa, insospettito dalle dicerie su sua moglie, ritornò senza preavviso a Palazzo Sansevero ed in anticipo da una battuta di caccia. Da allora, e per secoli, chi abitava nei pressi del Palazzo diceva di sentire ancora le urla della donna.

Palazzo Carafa della Spina

Nei pressi di Piazza San Domenico, si trova il Palazzo Carafa della Spina, noto come Palazzo Acquaviva d'Aragona. La sua storia risale alla fine del XVI secolo, quando Fabrizio Carafa della Spina, principe di Butera e Roccella, acquistò un palazzo con giardino nell'allora via di Nido, appartenente ad Andrea Matteo IV Acquaviva d'Aragona (1570-1647), secondo principe di Caserta, e lo demolì per costruire un nuovo edificio, su un disegno di Domenico Fontana. Ad attirare l’attenzione dei passanti è l'elaborato portale barocco in piperno che crea un grandioso ingresso al cortile. Si sviluppa tra due pilastri che recano addossati agli stipiti due mostri marini (sembra ricavati da fusti di colonne romane) dalle fauci spalancate in funzione di spegnitorce, con due mascheroni che a modo di capitelli reggono la cornice da cui parte l’arco che reca nella chiave lo scudo araldico della famiglia Carafa.

Dove: Via Benedetto Croce, 45

Chiesa di Santa Maria del Purgatorio ad Arco

Sul decumano maggiore, precisamente tra via Nilo e via Atri, dove anticamente sorgeva un torrione di epoca romana (la cosiddetta Torre d’Arco) che dava il nome alla zona, si trova la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco. L’edificio religioso fu eretto nel 1616 su commissione di un gruppo di nobili napoletani affinché anche le famiglie povere della città avessero un luogo di sepoltura per i loro cari. Al di sotto, vi è una chiesa di pari dimensioni, completata nel Settecento e destinata ad ospitare proprio le “anime pezzentelle”: un culto antico a Napoli, che consisteva nell’adottare un teschio, ripulirlo, porlo in un altarino e pregare per lui per agevolargli il passaggio dal Purgatorio alla Salvezza in cambio di protezione. Se inizialmente fu tollerato dalla Chiesa perché attirava doni ed elargizioni, fu invece poi proibito nel 1969 perché era ritenuto pagano. Il culto, però, continuò per un decennio ancora, quando il terremoto del 1980 rese inagibile l’ipogeo. Chiesa e ipogeo furono riaperti solo nel 1992 e sono oggi entrambi visitabili.

Indirizzo: Via dei Tribunali, 39

L’ipogeo di Santa Luciella

L’ipogeo di Santa Luciella si trova nei sotterranei dell’ormai famosa Chiesa Chiesa di Santa Luciella. La Chiesa fu fondata poco prima del 1327 da Bartolomeo di Capua, giureconsulto e consigliere politico di Carlo II e Roberto I d'Angiò, divenendo successivamente luogo di culto per la Coroporazione dei Pipernieri, Fabbricatori e Tagliamonti che proprio a Santa Lucia affidavano la protezione della vista, messa a rischio dal proprio mestiere. Tra i luoghi più suggestivi di questa Chiesetta c’è l’ipogeo, dove anticamente si praticava il culto delle anime pezzentelle. Sulle cornici dell'ipogeo sono ben visibili crani che risalgono al periodo che va dal 1600 al 1800. Nel 1804 poi Napoleone Bonaparte, con l'Editto di Saint Cloud, stabilì che le sepolture dovevano essere effettuate tutte al di fuori delle mura cittadine: da quel momento non furono, quindi, più portati cadaveri nella Chiesa di Santa Luciella e in nessun altro luogo di sepoltura in città. Tra i teschi presenti nell’ipogeo c’è n’è uno diventato famoso: il teschio con le orecchie. Avendo questa caratteristica ‘anomala’ (le orecchie), le donne partenopee credevano che fosse un ascoltatore migliore degli altri, e tutte rivolgevano a lui le preghiere. Secondo le più recenti analisi dei paleopatologi, queste “orecchie” sarebbero distaccamenti dalle pareti laterali del cranio, un fenomeno che avviene frequentemente dopo la morte. Le ossa laterali tendono, infatti, a decomporsi nel giro di qualche decennio, ma nel caso del teschio con le orecchie questo non è accaduto perchè il processo di decomposizione si è arrestato: da più di 300 anni il teschio presenta, infatti, sempre la stessa conformazione.

Dove: Vico Santa Luciella, 5

Altarino di Maradona a Spaccanapoli

Subito dopo Piazzetta Nilo, c’è un ultarino costruito in onore de El Pibe de Oro. Si tratta di una teca che custodisce la foto di Diego Armando Maradona ed un suo capello, recuperato (così si racconta) dal sediolino dell’aereo di ritorno da Milano dopo una partita col Milan. L’altarino è custodito dal bar adiacente, il Bar Nicolo, come suggerisce ironicamente il cartello posto sotto la teca: “Mettetevi in fila per farvi la foto e poi prendetevi un caffè come partecipazione alle spese!”.


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