Se anche Varsavia fa sembrare Napoli una città allo sbando...
Confronto impietoso tra Napoli e alcune città polacche sul terreno dei servizi al cittadino. Trasporti efficienti e verde pubblico diffuso sono tra i due effetti più evidenti della spesa dei fondi europei in Polonia
Se l'italiano medio pensa alla Polonia, immagina uno stato più arretrato del nostro, dove il disagio sociale è ampiamente diffuso, così come la povertà. Nella sua mente c'è l'emigrazione verso l'Italia di quella moltitudine di badanti che si prende cura dei nostri anziani e che noi, benevolmente, abbiamo accolto nel nostro Paese. Nulla di più sbagliato.
Un mio recente viaggio, che ha toccato diverse città polacche, mi ha permesso di scardinare una serie di luoghi comuni che, probabilmente, chi ha visto la Polonia negli ultimi dieci anni aveva già disinnescato. Ma soprattutto, per l'ennesima volta, mi sono sentito in profondo imbarazzo per lo stato in cui versa Napoli.
Se viaggi in Inghilterra, Germania, Francia, così come in alcune zone della Spagna, ti aspetti anche di dover incassare qualche sonoro schiaffone (in senso lato) se metti sul piatto della bilancia la qualità della vita e dei servizi di cui può godere un napoletano rispetto a quelle apprezzate dai cittadini delle principali città europee. Ma per i luoghi comuni di cui sopra non ti aspetti di tornare con la coda tra le gambe e una depressione galoppante se viaggi lì dove la Seconda Guerra ha raso al suolo buona parte dei centri abitati. Eppure è proprio così. Il mio tour polacco ha toccato, principalmente, Varsavia (1,7 milioni di abitanti) , Danzica (470mila), Torun (205mila) e Cracovia (770mila). Città di differenti dimensioni e differenti storie. E Napoli perde nettamente con tutte.
Il sottoscritto non ha idea di come vivano i polacchi che, probabilmente, soffrono ancora per un basso potere di acquisto, tenendo conto che lo stipendio medio si aggira intorno ai 600 euro. Piuttosto, in questa sede cercherò di mettere a confronto i servizi al cittadino con quelli di Napoli e, in particolare, il servizio che più spesso viene utilizzato come cartina di tornasole per misurare il grado di vivibilità di un luogo: i trasporti .
Ciò che è evidente al primo sguardo è che in tutte le città della Polonia, che conta su 86 miliardi di fondi europei nel periodo 2014-2020, ci sono forti investimenti sul trasporto pubblico locale. Varsavia ha due linee di metropolitana. Una più lunga, la blu, che taglia la capitale polacca da nord a sud; e una più breve, da est a ovest, che oggi conta solo sette fermate ma che diventeranno ventuno quando finiranno i lavori.
Fin qui, la storia sembra simile a quella del capoluogo partenopeo. Ma le differenze sono evidenti e sostanziali. La prima è nella scelta di come spendere i fondi europei. A Napoli, fin dai tempi di Bassolino sindaco, quando il Mezzogiorno d'Italia era tra i principali destinatari del sostegno europeo, la scelta è stata quella di investire buona parte delle risorse di Bruxelles nella costruzione di bellissime stazioni disegnate da grandissime quanto costosissime archistar. Peccato che nessuno abbia pensato ai treni, pochi, obsoleti e sgangherati, né ai tempi di costruzione, che si sono rivelati biblici.
Ma non ci si ferma a questo. Dicevamo che Varsavia conta una linea e mezzo di metro, troppo poche per una capitale da 1,7 milioni di abitanti. Motivo per cui, in superficie è stata rinnovata e ampliata tutta la rete tramviaria. Tr
La rete tramviaria acquisisce un'importanza ancora maggiore in quelle città dove la metropolitana non c'è. La scena non cambia. Poca attesa, mezzi nuovi, viaggi confortevoli. E' il caso delle più piccole Danzica e Torun, ma anche della più grande Cracovia. Anche in questo caso, una pioggia di fondi europei ha permesso di rimodernare l'intero settore. Scelta diversa a Napoli, dove per consentire gli eterni lavori di superficie delle stazioni e di via Marina, i tram sono stati aboliti.
Tutt'altra storia a Napoli, dove le biglietterie automatiche sono installate soltanto nelle stazioni della metro, funzionano un giorno si e un giorno no, non accettano banconote né carte di credito, spesso non danno resto. Peggio va a chi deve prendere un autobus e deve cercare un tabaccaio o un'edicola che gli venda il titolo di viaggio. Se poi si tratta di un festivo, allora la missione è impossibile, ma d'altronde nei festivi anche il passaggio dei bus lo è.
Una menzione merita il comparto del trasporto ecosostenibile. A Varsavia, come a Cracovia, Torun e Danzica, sono presenti
Anche in questo caso, il confronto è impietoso. Napoli ha visto fallire sia il bikesharing che il car sharing. Per il primo, il Miur ha gettato 2 milioni di euro per una sperimentazione che non ha avuto nessun seguito, mentre il Comune di Napoli ha lanciato un bando investendoci zero euro e non ricevendo alcuna risposta in 11 mesi.
Come già detto è una questione di scelte strategiche. L'Italia ha vissuto un momento in cui ha ricevuto soldi a secchiate, soprattutto per il Sud, che però non sono riusciti a cambiare il volto delle città meridionali, Napoli compresa. E ancora oggi, secondo i dati Svimez, il Sud d'Italia è una delle zone più sostenute dall'Europa. Basti pensare che ogni cittadino campano può contare su 200 euro di fondi europei all'anno, contro i 239 per ogni polacco. Un'attenzione che non è bastata affinché Napoli riuscisse a rinnovare il parco mezzi, che siano metro, tram o bus, datati e inadeguati e di linee vecchie e lente. La Circumvesuviana e la Cumana vengono premiate ogni anno come le peggiori tratte italiane dal rapporto Pendolaria di Legambiente.
Napoli sarebbe dovuta essere, nel 2019, capitale dei trasporti. A furia di sentirsi e definirsi capitale europea, però, il capoluogo partenopeo non si accorge che nel resto del Continente le altre realtà crescono molto più velocemente. Lo fanno anche Varsavia e molte altre città polacche dove, luoghi dove i giovani restano e investono invece di fuggire via.
(Le foto pubblicate in questo articolo sono scattate da Massimo Romano)