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Roberto porta Napoli sulla Luna: la storia dell’ingegnere che ha conquistato la Silicon Valley

“Secondo la nuova direttiva spaziale decisa da Trump, la prima donna e il prossimo uomo atterreranno sulla Luna entro il 2024. Marte, invece, è ancora lontana, ma sono fiducioso che succederà durante la mia vita”. L’intervista di NapoliToday

Si chiama Roberto Carlino l’ingegnere napoletano che ha costruito, insieme ad altri 19 colleghi, tre dei robot Astrobee che “assisteranno” gli astronauti durante la futura stazione orbitante attorno alla Luna. La realizzazione dei robot fa parte di un progetto ideato dalla Nasa che punta ad una nuova missione lunare prevista per il 2022. Nonostante le difficoltà legate al settore Aerospaziale in Italia, Roberto - 30 anni compiuti il mese scorso - ha perseguito il suo sogno con grande costanza e determinazione. Si è, infatti, laureato a soli 23 anni con 110 e lode in Ingegneria Aerospaziale presso l’Università Federico II e, dopo un master, è volato da Napoli alla Silicon Valley dove lavora da quasi 5 anni per il centro Ames della Nasa. NapoliToday lo ha intervistato per conoscere qual è stato il percorso che lo ha portato in California e qualche anticipazione sulla prossima missione lunare.

Roberto, ti sei laureato in Ingegneria Aerospaziale con 110 e lode e menzione della commissione. Avevi solo 23 anni ma un grande sogno nel cassetto. Come è stato l’impatto con il mondo del lavoro italiano?

“Diciamo che in Italia non sono stato molto fortunato nel seguire il mio sogno. La mia prima esperienza di lavoro in Italia è stata in una azienda aerospaziale a Roma, presso cui ho fatto un tirocinio di 6 mesi. Il progetto a cui lavoravo era interessante e sarei stato molto felice di continuare a lavorarci. Purtroppo, però, al termine dei 6 mesi di tirocinio, le probabilità di continuare il tirocinio o di essere assunti erano bassissime. Per fortuna però, poco prima della fine del tirocinio avevo ricevuto la conferma di un contratto di ricerca/tirocinio alla NASA Ames. Da allora sono trascorsi 4 anni e mezzo e sono ancora qui”.

Da Fuorigrotta alla Silicon Valley. Ci racconti come sei arrivato alla Nasa?

“Ho fatto un master di II livello a Roma e grazie ad uno dei professori che insegnava lì, io e gli altri studenti siamo venuti in California a visitare alcune aziende spaziali, tra cui la NASA Ames. Abbiamo presentato un progetto di gruppo, che è risultato molto interessante. Ho scambiato i contatti con alcuni degli ingegneri allora presenti che ho poi ricontattato una volta tornato in Italia, chiedendo la possibilità di fare un tirocinio. Mi hanno fatto un paio di interviste via Skype e sono stato richiamato dopo qualche mese per un tirocinio di 6 mesi”.

Quali opportunità di lavoro in più ha un giovane che sbarca negli Usa rispetto a chi sceglie di rimanere in Italia?

“Gli Stati Uniti sono ancora la prima potenza economica mondiale, quindi le opportunità di lavoro in generale sono sicuramente maggiori. Nel settore Aerospaziale in particolare, gli Stati Uniti rimangono ancora il primo paese al mondo per investimenti e innovazione”.

Sei in California da più di 4 anni, pensi mai di voler tornare a Napoli?

“A Napoli cerco di tornare quanto più possibile. Torno sempre a Natale ovviamente e un’altra volta durante l’anno. Napoli mi manca tantissimo. Il cibo, il clima, i ricordi di dove sono cresciuto, la famiglia e gli amici. Quando ritorno, porto con me sempre alcuni coinquilini o amici internazionali, che vivono in California. Rimangono sempre estasiati dalla nostra cultura, generosità e accoglienza. Ma so bene che coltivare il mio sogno qui nel settore aerospaziale non è una cosa possibile”.

Cosa consiglieresti ai giovani che hanno un grande sogno come il tuo ma che non riescono ad emergere in Italia?

“Ai giovani che si sentono senza speranze in Italia consiglio di non arrendersi mai. Io ho avuto un sacco di fallimenti prima di arrivare alla NASA, ma non mi sono mai arreso. Spesso mi sono chiesto se sarei riuscito ad arrivare alla NASA se non avessi avuto la fortuna di fare quel viaggio seguito poi dal tirocinio. Ho conosciuto tantissimi ragazzi internazionali qui alla NASA e tutti hanno storie molto diverse su come sono riusciti ad arrivare qui. Non esiste un solo ed unico modo per arrivare ai propri obiettivi. Bisogna provare quanti più percorsi possibili, vedrete che uno di questi porterà al vostro sogno”.

E ora veniamo al tuo lavoro. Parlaci dei tre robot del programma ASTROBEE che hai progettato con i tuoi colleghi..

“Ci tengo a precisare che io ho lavorato solo marginalmente alla progettazione dei robot Astrobee. Quando ho iniziato a lavorare sul progetto, un anno e mezzo fa, la progettazione era quasi ultimata. Io ho aiutato a costruire, integrare e testare i diversi sistemi dei robot. Gli Astrobee avranno principalmente 3 obiettivi o usi. Il primo è quello di essere una piattaforma di ricerca robotica in microgravità. Gli Astrobee hanno 3 attacchi o “payload-bays” per strumenti o sensori che gruppi di ricerca o aziende di tutto il mondo possono sviluppare e lanciare verso l’ISS, per poi testare e dimostrare coi nostri Astrobee. I sistemi che sono e verranno sviluppati variano da adesivi (tipo quelli usati da gechi per attaccarsi a superfici lisce) a lettori di etichette RFID (tipo quelle usate nei negozi di abbigliamento) che serviranno a localizzare e fare un inventario preciso di tutti gli oggetti sulla stazione spaziale, fino a nuovi bracci robotici o intelligenti per missioni spaziali. Il secondo scopo di Astrobee è di servire come una telecamera mobile, operata dal centro di controllo in Houston, per controllare e seguire le diverse sessioni ed esperimenti degli astronauti. Un pò come un drone che filma i diversi lavori degli astronauti. Infine, gli Astrobee verranno usati anche come dei sensori mobili per misurare e monitorare molto più accuratamente le condizioni fisiche e ambientali dei diversi moduli dell’ISS. Misure continue di qualità dell’aria, temperatura, radiazione cosmica, e altro, verranno usate per mantenere l’ambiente in condizioni ottimali”.

 Entro 5 anni porterete di nuovo l’uomo sulla Luna. E su Marte? Possiamo riaccendere l’entusiasmo e immaginare uno sbarco anche sul Pianeta rosso?

“La nuova direttiva spaziale, decisa dal presidente Trump, richiede che la NASA atterri la prima donna e il prossimo uomo sul polo sud della Luna entro il 2024. La NASA adesso sta focalizzando tutte le sue risorse per raggiungere questo obiettivo. Le capacità tecnologiche esistono già, il problema sono i tempi molto stretti. Abbiamo bisogno di un aumento del budget annuale di almeno 1.5 Miliardi di $ per raggiungere l’obiettivo, che in percentuale non è molto grande. Si tratta di un aumento del 7.5% circa, decisamente non un numero esorbitante. Per quanto riguarda Marte, per vedere la prima missione umana atterrare sul pianeta rosso, avremo bisogno di un incremento decisamente maggiore. Se avessimo comunque un ulteriore aumento di budget vedremo i primi umani su Marte non prima della fine del 2030 o inizio 2040. Purtroppo Marte è ancora lontana dal nostro orizzonte, ma sono fiducioso che succederà durante la mia vita”.


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